Uno dei motivi dell’ elevato indica di gradimento di questo Trofeo Trialario, giunto ormai al 15° anno, è senz’ altro la capacità dello staff organizzativo di imparare dai propri errori.

Potremmo raccontare decine di errori da cui abbiamo imparato, e situazioni causate da imprevisti spesso connessi al clima che all’ epoca era meno prevedibile di ora, imprevisti che ad oggi non ci darebbero più problemi.

La quantità di informazioni e condizioni che io e Augusto Bartesaghi teniamo in considerazione quando tracciamo un percorso è enorme, non basterebbe un libro, se è cresciuta l’esperienza, nel corso degli anni, sono diminuite le disponibilità dei collaboratori e aumentate le incombenze.

Ricordo la tracciatura della gara di Valmadrera del 2007, di cui c’è anche un video, dove delle 9 zone tracciate, almeno 6 sono state pulite e concluse il sabato, compresa la rimozione dei roveti.

Ma c’ erano 7 persone ad aiutare tra le quali un manovale e 2 mastri, una motosega due decespugliatori, lame, mazza da 3 chili, insomma un piccolo cantiere.

Ora ci sono meno disponibilità di risorse umane ma, per fortuna, ci sono team come il TMT di Cremia, il Team Fisto Scool, i trialisti di Colico, il Triangolo Lariano, che ci fanno trovare quasi tutto pulito e dobbiamo solo tracciare.

Ma non solo. Permessi, registrazione richiesta ambulanza sul sito, fideiussione alla comunità montana… e tanta altra roba noiosa un po’ della quale, nel caso di una gara come quella di Valmadrera possiamo evitarci proprio per la disponibilità dell’ Amministrazione Comunale grazie al fatto che la gara è in città.

Perchè una gara venga bene ci vuole però anche un’altra componente.

Per stemperare il tono di questo articolo provo a far un esempio tratto da una storiella ebraica.

credenza, presso gli ebrei più osservanti, che il rispetto dei comandamenti ebraici (613 mitzvot) dia diritto a particolari poteri o favori da parte del loro Signore, si dice che un devoto particolarmente osservante ebbe a lamentarsi del fatto che dopo decenni di scrupolosa osservanza il Signore non gli aveva mai fatto vincere la lotteria.

Dopo mesi di preghiere e di lamentele ricevute, dispiaciuto di dover deludere il suo miglior devoto, il Signore decise di parlargli e gli disse: D’ accordo che posso farti vincere la lotteria ma almeno, dopo tutti questi anni per una volta lo vuoi comprare un biglietto?

Cosa c’ entra questa storia con l’ organizzazione del Trialario?

Ci sono cose che possiamo fare noi per eliminare inconvenienti, ed altre che richiedono un impegno da parte dei piloti, se noi possiamo far vincere la lotteria i concorrenti devono fare la loro parte.

Per prima cosa parlo della tracciatura del trasferimento.

Il trial non è un sport di velocità, quindi come organizzatori consideriamo scontato che non ci sia necessità di correre sul percorso, soprattutto quello stradale, non vogliamo essere dei bigotti del Codice della Strada ma percorrere una curva a visuale cieca nella parte riservata alla circolazione in senso opposto è sicuramente una pessima idea e su chi si comporta in questo modo non possiamo garantire che si accorga di dove sono piazzate le indicazioni del percorso.

Quando ci troviamo di fronte a eventi in cui sensi i unici vengono percorsi contromano per errori nel trasferimento dichiariamo la nostra impotenza.

Ad ogni incrocio sono state messe fettucce di colore giallo a scritte nere, mezzo rotolo di fettuccia (quindi quasi 150 metri di nastro) è stato consumato per segnalare il trasferimento, in aggiunta sono stati applicati ben 10 cartelli che indicavano la direzione per raggiungere le zone e la partenza.

Ci sono stati piloti che sono riusciti perdere il percorso dalla zona 1 alla zona 2, dove c’ erano la bellezza di 3 cartelli e 13 tratti di fettuccia per un percorso di 500 metri, in media un pezzo di fettuccia ogni 40 metri, (non sono numeri a caso, sono contati, le abbiamo tolte oggi) la fettuccia era gialla con scritte nere e di proposito (come i cartelli) era piazzata solo in punti dove non si poteva parcheggiare, in modo che non fosse coperta.

Ci sono piloti che uscendo da un tratto non asfaltato, tra le due direzioni da prendere (fettuccia visibile di fronte messa a –> in direzione del percorso) riuscivano a scegliere la strada priva di segnalazioni.

Ragazzi, più di cosi non possiamo fare, non chiedeteci di tappezzare il paese di cartelli con sopra scritto: hai sbagliato strada! torna indietro, non vedi che non ci sono fettucce?

Tanti anni fa (ho cominciato a tracciare trasferimenti nel 1991, quando ero al Motoclub Monza, per la Due Giorni Della Brianza, quando la domenica faceva ben 110 km di percorso), i concorrenti che con sguardo fisso passavano ad andatura vivace di fianco alle frecce senza vederle erano oggetto di derisione da parte degli altri.

Quello che era una comica stranezza 30 anni fa, sta diventando frequente grazie alla schiavitù da smartphone e navigatori, nessun colore naturale potrà mai competere con la vivacità di quelli degli schermi; lo sport ha tra i suoi compiti quello di affinare le proprie capacità, per trovare le zone non si chiede molto, basta andare piano e ad ogni incrocio andare verso la direzione dove si vedono le indicazioni.

Per quanto riguarda le code all’inizio dalla zona colgo l’occasione per raccontare un aneddoto poco conosciuto perchè poco sportivo; parla del Campionato Mondiale 1986 nel quale Eddy Lejeune, che dopo l’arrivo di Michaud alla Fantic sembrava spacciato risorse con una splendida moto ed una condotta di guida elegantissima giungendo all’ultima gara in testa al Campionato.

Non posso controllare la precisione dei dati ma, per vincere il Mondiale 1986, gli sarebbe bastato arrivare 8°, e non era mai arrivato oltre il terzo posto.

Il Mondiale era suo.

Ma il pilota della Honda era quasi solo l’unico pilota di quella squadra e c’era una fabbrica che aveva più piloti di tutte le altre case messe assieme (quasi) ed era la Fantic Motor, che era decisa a vincere il mondiale, con le buone o le cattive.

Non era previsto il limite di tempo in zona, la strategia fu questa: Lejeune doveva arrivare Fuori Tempo Massimo.

Ad ogni zona dove andava Lejeune trovava un pilota Fantic disposto a fare surplace per minuti.

Il nervosismo per il più calmo dei Campioni del Mondo aumentava ed il tempo diminuiva, avrebbe voluto entrare in zona, uscire a qualsiasi punteggio, ma non lo lasciavano nemmeno entrare, la zona era già occupata da una Fantic.

Anche timbrando e cambiando zona trovava un pilota Fantic (considerate che si devono percorrere in ordine crescente) che lo rallentava e che aveva già lasciato passare Michaud.

Un disastro, alla fine riuscì a non arrivare FTM ma arrivò 14°, un Trionfo per Michaud e, anche grazie a quel mondiale vinto con la neonata Fantic 301, rimpianta da ogni trialista che l’abbia avuta, la Fantic Motor consolidò il suo strapotere sul mercato del trial.

Di come quel mondiale sia stato vinto pochi sanno la storia, non è certamente un vanto e certamente i cronisti sportivi dell’epoca non ne potevano far menzione, ma molti si saranno chiesti in che modo la pressione psicologica può impedire ad un grande campione come Lejeune di mettere in tasca un mondiale già suo.

Di fronte ad una strategia di squadra di quel tipo nemmeno tutti i soldi investiti da Honda per delle moto eccezionali hanno potuto sopravvivere.

Lejeune psicologicamente non si riprese più, non aveva più senso gareggiare dove la bravura non era più la dote richiesta; in breve sparì dalle scene del trial lasciando Michaud a combattere con l’astro nascente Jordi Tarres e con il nostro Diego Bosis.

Ci sono situazioni che vanificano ogni previsione.

E ne racconto una accaduta nel 2014, prima gara di Trialario a Piantedo, 110 iscritti.

Partono uno al minuto, io facevo il giudice alla zona tre. voglio vedere anche altre zone e abbandono la mia zona per aspettare i piloti alla uno. (Non si potevano ancora invertire nell’ordine e potevo star tranquillo).

Sono le 10.20, ancora nessuno, alle 10.30 arrivano i primi. Solo tre piloti, li guardo fare la prima zona, li accompagno a piedi alla seconda, li guardo fare la zona e torno alla mia zona, la tre dove loro passano alle 11.15.

Poi mi arriva un pilota alla volta ogni 2-3 minuti.

Mi sostituiscono come giudice torno a vedere cosa succede alla prima zona. Inorridisco! C’è una coda di settanta piloti! Sono ormai le 11.40 e dopo più di un ora e mezza dalla partenza solo 20 piloti sono passati alla zona tre, ma che cosa avevano fatto nella prima ora? In quella gara c’erano molti piloti nuovi, giravano in compagnie da 10-12 e si aspettavano… così, arrivando alla zona tutti insieme facevano da tappo. Una volta creato, il tappo, non si smaltisce più per parecchio.

Gara di Domenica 8 Aprile 2018 (IERI), zona 4 (quella dei muri di cemento), primo giro, arrivo alle 10.55 circa per fare delle foto, il giudice mi dice che sono passati solo due gialli e due verdi.

Aggiusto gli inviti per i gialli, sistemo quelli del mio muro, nessuno dei blu è ancora arrivato.

Mentre mi chiedo dove sono i piloti arriva un gruppo di 7-8, quasi tutti con la stessa tuta.

Mentre loro sono in coda ne arrivano altri 5, poi altri ancora, pianto lì le foto e mi sbrigo a mettermi in coda, altrimenti non parto più, in due minuti si è formata una coda di 12 persone.

Erano gruppetti che si aspettavano. Infatti, alla zona 5, dove prima non c’era nessuno, c’è già una coda di 15.

Avete presente un imbuto? Se per riempire una bottiglia usate l’imbuto e ci rovesciate sopra un secchio, l’acqua si spande in giro.

Quando un gruppo da 7 si mette in coda in zona, fa un piccolo tappo, ma intanto dietro arrivano gli altri piloti, anche se sono uno alla volta si accumulano e finché continuano ad arrivare la coda cresce, l’organizzazione non ci può fare niente, il tappo si sposterà da zona a zona e chi ha la sventura di trovarsi in quel momento ci metterà il triplo a finire il giro, chi è passato prima trova tutto libero finché non li raggiunge al giro dopo.

Come mai a Buglio le code sono state quasi nulle anche se le zone erano più lunghe?

Perché era freddino, e il clima non invogliava ad aspettare gli amici in quota con la neve a terra, meglio aspettare alla partenza, o magari nel salone, davanti al piatto di polenta, e così i gruppi di squadra erano più piccoli e passavano dalle zone senza intasarle.

Morale, se vi piace girare in gruppo non si può impedirlo, però con zone corte come quelle di domenica, a percorrenza inferiore ai 35 secondi, è meglio sapere che non si può migliorare nulla della gara per avere zone più scorrevoli…

Pietro De Angelis

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